Considerazioni sui Vaccini e Anticorpi Monoclonali

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29 novembre 2020 - La notizia di una disponibilità in tempi brevi dei vaccini anticovid ha suscitato un acceso dibattito sul loro utilizzo. C’è chi li vede come l’unica soluzione possibile alla pandemia ed ha intenzione di ricorrevi non appena disponibili, e chi invece – pur non avendo posizioni negazioniste – teme che la sperimentazione sia stata troppo affrettata o addirittura non abbia rispettato tutti i termini previsti per gli studi clinici. Anche le esternazioni di alcuni virologi come Crisanti hanno contribuito a seminare dubbi e paure.

Abbiamo quindi chiesto chiarimenti ad un immunologo che da sempre si occupa di ricerca nel campo dei vaccini, il Prof. Roberto Accolla, direttore dei Laboratori di Patologia Generale e Immunologia dell’Università degli Studi dell’Insubria. In particolare abbiamo chiesto se le persone con malattie polmonari rare, come la fibrosi, corressero addirittura rischi maggiori come reazione al vaccino.

Per ultimo, si è anche parlato degli anticorpi monoclonali e delle possibilità di utilizzarli come alternativa al vaccino, come molti sembrano aver capito.

RISPOSTE – “Per quanto riguarda i vaccini che sono in fase di sperimentazione terminata (almeno 2, quello di Pfeizer-BioNTec e quello di Moderna-NIH) e di prossima sottomissione alle autorità di controllo sanitario competenti (FDA statunitense e EMA europea), la loro valutazione finale e la immissione in uso pubblico saranno certificate dai suddetti enti. Questo è assoluta garanzia di sicurezza ed efficacia dei vaccini stessi.

A questo punto, la mia convinzione, come quella della gran parte dei medici competenti in materia, è di FARSI VACCINARE perchè il coronavirus in questione è veramente infido ed estremamente infettivo. Ancor più per popolazioni a rischio come sono quelle fasce di individui che soffrono di patologie croniche polmonari incluse le FPI. Non bisogna dimenticare che la patologia correlata all’infezione da SARS-Cov-2 provoca nei casi gravi alterazioni di fibrosi polmonare che, anche nelle situazioni di risoluzione della malattia, lasciano residui permanenti a livello dell’apparato respiratorio.

Le eventuali “reazioni alla vaccinazione”, per quanto è dato sapere dalla conclusione della sperimentazione in atto, sono i soliti. Tra questi vanno distinti tre eventi:

1. Reazioni infiammatorie locali nel sito di somministrazione del vaccino, quali rossore, gonfiore, indolenzimento. Va assolutamente sottolineato che, a differenza delle convinzioni comuni, questi effetti son in gran parte dovuti alla attivazione del sistema immunitario e quindi alla manifestazione del suo funzionamento. Entro i limiti contenuti che si riscontrano in circa il 10-20% degli individui, questi effetti sono quindi lo specchio del buon funzionamento della vaccinazione.

2. Reazioni più generali, quali nausea, febbre, dolori muscolari, emicranie. Tali effetti vanno anch’essi correlati a stati più diffusi di infiammazione transitoria, che recedono nel giro di 24-48 ore e facilmente controllabili con semplici antipiretici (aspirina, paracetamolo). Sono percepiti nel 2-5% dei vaccinati.

3. Reazioni serie di manifestazioni allergiche generalizzate, fino allo shock anafilattico, non dovute al principio attivo del vaccino ma ai suoi eccipienti. Tali reazioni molto rare, non sono specifiche quindi del vaccino anti-SARS-Cov-2 in questione, ma comuni a tutti i vaccini. Il medico che somministra la vaccinazione DEVE assolutamente chiedere al vaccinando se precedentemente ha avuto episodi di allergie o ipersensibilità a vaccinazioni, questo allo scopo di prevenire eventi di shock anafilattico, che vanno immediatamente trattati. Ecco perché è suggerito di rimanere sotto osservazione per almeno 20 minuti dopo la vaccinazione.

Capitolo anticorpi monoclonali. La prima distinzione da fare consiste nel fatto che i vaccini sono presidi medici PREVENTIVI, tutto il resto dei farmaci, inclusi i monoclonali, sono presidi TERAPEUTICI. Quindi i primi si danno ai sani e i secondi ai malati. La differenza come puoi ben capire è sostanziale.

Allo stato, per quanto riguarda gli approcci terapeutici a Covid-19 esistono due tipologie di anticorpi monoclonali. Entrambi le tipologie sono autorizzate soltanto come farmaci sperimentali e quindi non sono dispensabili dai sistemi sanitari nazionali su base generalizzata. Il loro uso invece è autorizzato per patologie di tipo infiammatorio cronico e autoimmuni come l’artride reumatoide.

La prima tipologia è quella dei Monoclonali Anti-Virali (MAV). Questi anticorpi sono diretti contro la proteina spike del virus che è quella utilizzata dal virus per attaccarsi alle cellule ed entrare dentro di esse. Tra questi vanno annoverati due anticorpi prodotti dalla ditta Regeneron, usati per trattare Trump (casarivimab e imdevimab), e un MAV prodotto dalla Eli Lilly (bamlanivimab). Sono stati usati in trial clinici su pazienti che hanno sintomi lievi o moderati di patologia, ma non nei pazienti con sintomi gravi. Il loro effetto sembra essere positivo nel non fare progredire l’infezione verso stadi gravi.

La seconda tipologia di MAV, (alcuni MAV in questo gruppo sono già autorizzati dalle competenti autorita regolatorie per patologie di tipo infiammatorio cronico e autoimmuni come l’artride reumatoide), è quella che ha come specifico bersaglio le molecole (citochine e loro recettori) prodotte dall’individuo in risposta all’infezione virale che scatenano la reazione infiammatoria grave causa importante dell’insufficienza respiratoria e della fibrosi. Allo stato, sono stati provati in particolare gli anticorpi contro la citochina IL-6 (siltuximab) e il suo recettore IL-6R (sarilumab, tocilizumab). I risultati sono interlocutori, nel senso che in alcuni casi sembrano funzionare nel ridurre la patologia respiratoria grave, in altri casi molto meno. Quindi occorrono studi più diffusi e controllati”.